Ricorso della Regione siciliana, in persona del Presidente pro-tempore on. Rosario Crocetta, rappresentato e difeso, sia congiuntamente che disgiutantamente, dagli avvocati Beatrice Fiandaca e Antonio Lazzara, giusta procura a margine del presente atto, ed elettivamente domiciliato in Roma nella sede dell'Ufficio della regione stessa, via Marghera n. 36, contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro-tempore, domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi, piazza Colonna n. 370, presso gli Uffici della Presidenza del Consiglio dei ministri ed elettivamente presso l'Avvocatura generale dello Stato, via dei Portoghesi n. 12, per la risoluzione previa sospensione del conflitto di attribuzione insorto fra la Regione siciliana e Stato per effetto del decreto emanato il 30 settembre 2015 dal Ministero dell'economia e delle finanze - Direttore generale delle finanze e dal Ragioniere generale dello Stato, recante «Modalita' di individuazione del maggior gettito da riservare all'erario ai sensi dell'art. 1, comma 508, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, per l'anno 2015», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica del 5 ottobre 2015, n. 231, per violazione degli articoli 20, 36 e 43 dello statuto, del principio di leale collaborazione nonche' dell'art. 2, primo comma delle norme di attuazione in materia finanziaria (decreto del Presidente della Repubblica n. 1074/1965) in relazione agli articoli 81, comma sesto, 97, comma primo e 119, commi primo e sesto della Costituzione nel testo novellato con legge costituzionale n. 1/2012 anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001. F a t t o Nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica - serie generale - n. 231 del 5 ottobre 2015 e' stato pubblicato il decreto 30 settembre 2015 del Ministero dell'economia e delle finanze - Direttore generale delle finanze e dal Ragioniere generale dello Stato, recante «Modalita' di individuazione del maggior gettito da riservare all'erario ai sensi dell'art. 1, comma 508, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, per l'anno 2015». Il decreto ministeriale in esame, attuativo del comma 508 della legge n. 147/2013 che per tale ragione questa regione impugna cautelativamente all'esito dell'udienza del 1° dicembre 2015 di discussione della legittimita' di tale comma, stabilisce che, ai sensi dell'art. 1, comma 508, primo periodo della legge n. 147 del 2013, al fine di assicurare il concorso delle autonomie speciali all'equilibrio dei bilanci e della sostenibilita' del debito pubblico sono riservate all'erario, per un periodo di cinque anni a decorrere dal 1° gennaio 2014, per essere interamente destinate alla copertura degli oneri per il servizio del debito pubblico, in attuazione dell'art. 97, primo comma della Costituzione, le nuove e maggiori entrate erariali derivanti dal decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 setternbre 2011, n. 148, e dal decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214; il successivo secondo periodo del comma 508 dispone che, con apposito decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, sentiti i Presidenti delle giunte regionali interessate, sono stabilite le modalita' di individuazione del maggior gettito, attraverso separata contabilizzazione. Il provvedimento in argomento individua, nella tabella A, le previsioni degli incrementi di gettito dei tributi per l'anno 2015 derivanti dai decreti-legge n. 138 del 2011 e n. 201 del 2011 e raffronta - per ciascuno dei detti provvedimenti - le previsioni di cui al comma 1 con quelle complessive di competenza dei medesimi capitoli/articoli di entrata del bilancio dello Stato. Inoltre individua i capitoli/articoli di entrata sui quali devono essere separatamente contabilizzati le maggiori entrate riservate all'erario secondo le disposizioni del decreto in oggetto. Quanto alla tabella B, essa contiene l'individuazione delle entrate di cui ai su citati decreti-legge interamente riservate all'erario. Il decreto in questione e' lesivo delle attribuzioni sancite dallo statuto siciliano per i seguenti M o t i v i Violazione degli articoli 20, 36 dello statuto e delle correlate norme di attuazione in materia finanziaria, in particolare dell'art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1074/1965, nonche' in relazione agli articoli 81, comma sesto, 97, comma primo e 119, commi primo e secondo della Costituzione nel testo novellato con legge costituzionale n. 1/2012 anche in riferimento all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001. Il provvedimento oggi impugnato comporta la riduzione di ingenti disponibilita' di risorse per la Regione siciliana, che si aggiungono alle altre precedentemente operate e configurano una palese lesione dell'autonomia finanziaria della stessa che impedisce alla Regione di provvedere adeguatamente al proprio «fabbisogno finanziario», ai sensi dell'art. 36 del suo statuto (sentenza n. 138/99) e dell'art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1074 del 1965. Pur se tale ultima norma viene citata nelle premesse (ottavo visto) del decreto risulta oscura la finalita' di tale riferimento normativo laddove afferma che esso stabilisce «le quote di entrate tributarie spettanti alla regione» in quanto, come risulta dal disposto del medesimo articolo, tutte le entrate tributarie riscosse sul territorio della regione sono di spettanza regionale. In ogni caso la sottrazione di gettito tributario come sopra descritto si sostanzia in una vera e propria riserva di entrate operata dallo Stato in favore del proprio bilancio a danno delle casse regionali in violazione dei principi contenuti nell'art. 2 delle norme di attuazione dello statuto della Regione siciliana in materia finanziaria, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074, il quale, nello stabilire che «ai sensi del primo comma dell'art. 36 dello statuto spettano alla Regione siciliana, oltre alle entrate tributarie da essa direttamente deliberate, tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio, dirette o indirette, comunque denominate», prevede, come deroga, che il gettito di nuove entrate tributarie possa essere destinato «con apposite leggi alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalita' contingenti o continuative dello Stato specificate nelle leggi medesime». Risulta all'evidenza che lo Stato opera una dissimulata riserva senza osservare la sussistenza dei requisiti di legittimita', siccome previsti dal citato art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1074/1965, in particolare il requisito della novita' dell'entrata (intesa sia come novita' del tributo in se stesso o maggiorazione di entrate derivanti da tributo gia' esistente - Corte costituzionale sentenze n. 49/72 e n. 429/96) in quanto le entrate che lo Stato si riserva se avevano tale requisito all'atto della loro istituzione non sono piu' tali al giorno d'oggi e la generica destinazione all'erario non assolve ai requisiti prescritti per darsi luogo alla prevista eccezione. In ogni caso al riguardo codesta Corte ha affermato il principio per il quale «la riserva all'erario delle maggiori entrate derivanti dalle norme contenute nello stesso decreto-legge (art. 36) e' disposizione non applicabile alla Regione siciliana laddove riferita ad entrate non nominativamente riservate allo Stato dalla normativa statutaria siciliana» (sentenza n. 241/2012). L'art. 20 attribuisce alla regione la piena potesta' amministrativa nelle stesse materie in cui ad essa spetta la potesta' legislativa ai sensi degli articoli 14, 15 e 17 (principio del parallelismo) e gli interventi previsti dal provvedimento che s'impugna afferiscono tutti a materie elencate dai suddetti articoli dello statuto, come sopra riportati e impediscono alla regione di portare avanti le proprie attivita' amministrative nei detti ambiti. Ed, invero, le risorse finanziarie della regione, ed ancor piu' concretamente, i mezzi di pagamento necessari per far fronte agli impegni legittimamente assunti dalla medesima nei vari settori in cui la stessa esercita la propria competenza legislativa, risultano indubbiamente ridotti con conseguente semiparalisi delle prestazioni erogate da questa regione nei vari settori di sua competenza. Tale penalizzazione ha dirette ed immediate refluenze sulla capacita' di spesa della regione stessa come risulta dal contenuto della relazione predisposta dall'Assessorato dell'economia recante ad oggetto «Rapporti finanziari Stato regione» allegata alla deliberazione della giunta regionale n. 286 del 20 novembre 2015, di cui si unisce copia. La relazione citata argomenta in ordine al «disavanzo strutturale di oltre 3 miliardi di euro» che presentava il bilancio regionale ad inizio dell'attuale legislatura e alle misure di risanamento e contenimento della spesa adottate medio tempore per farvi fronte. Gli interventi attuati in tale direzione non sono, tuttavia, risultati sufficienti e cio' a motivo dell'aumento registratosi della «spesa non comprimibile "per un valore (2016 vs 2013) di 1.188 milioni" di euro in gran parte riconducibile "all'incremento del concorso al risanamento della finanza pubblica"». Per l'anno 2016 - conclude la relazione de qua - il disavanzo ad oggi stimabile (includendo i correttivi attuati e quelli da effettuare a breve) e' pari a 1,44 miliardi di euro. Tale relazione rinvia, per la rappresentazione numerica delle entrate e delle spese, riferite agli anni 2013/2016, alla scheda - allegato 8 della delibera n. 286/2015 - che evidenzia (in termini di consultivo e previsioni) la dinamica degli scostamenti nel periodo considerato. Tale prospettata situazione di disavanzo ha comportato - tra l'altro - la necessita' di dover fare ricorso agli stanziamenti del Fondo sviluppo e coesione per la copertura del concorso alla finanza pubblica della Regione siciliana, come deliberato nella riunione del CIPE tenutasi in data 6 novembre 2015. Per il 2016 il disavanzo stimabile alla data di adozione della delibera n. 286/2015, grazie agli interventi correttivi (di contenimento della spesa e di aumento delle entrate) gia' attuati e includendo quelli che dovranno essere effettuati a breve, si ridurra' a 1,44 miliardi di euro. A questo punto non e' pero' piu' possibile ipotizzare di ripianare il debito agendo solo sulla spesa comprimibile, il cui montante e' ormai sotto i 3 miliardi ed e' composto quasi esclusivamente da costo del personale. E' comunque importante osservare come nel 2016 il disavanzo incida solo sul saldo netto da finanziare dello Stato e non sul suo indebitamento. Nel prospetto allegato 1 e' riportata la sintesi della dinamica entrate-spese nel quadriennio 2013-2016. Nel prospetto allegato 2 e' riportato il dettaglio degli interventi di contenimento della spesa realizzati nel 2015 e in programma per il 2016. Nell'allegato 1/A si evidenzia come il disavanzo non incida sull'indebitamento in quanto vengono rispettati gli obiettivi di patto. In tale contesto si rende indispensabile individuare una soluzione strutturale condivisa con il Governo centrale che consenta di aumentare le entrate, fermo restando l'impegno del Governo regionale a continuare il percorso di risanamento avviato. A rafforzare l'ipotesi di un intervento strutturale per aumentare le entrate intervengono da un lato le sentenze della Corte costituzionale (ed in particolare la n. 89/2015) e dall'altro il confronto con le altre Regioni a statuto speciale (RSS) che evidenzia come: le entrate pro-capite della Regione siciliana siano nettamente piu' basse rispetto a tutte le altre RSS, praticamente in linea con le altre regioni a statuto ordinario, nonostante le maggiori funzioni trasferite; il contributo alla Finanza pubblica sia eccessivo, sia in valore assoluto (secondo solo alla Lombardia che ha pero' quasi il doppio delle entrate titolo I), sia in valore percentuale se comparato alle regioni di pari o maggiore dimensione (12,1% delle entrate rispetto al 8,5% della Lombardia, 8,4% del Lazio, 8,7% del Lazio). In maniera collegata e dipendente dal problema del deficit, evidenziano altre due rilevanti criticita': il Patto di stabilita', che ha finito per generare nel recente passato un effetto di spostamento all'anno successivo di oltre un miliardo di pagamenti. Con l'attuazione di riforme di contenimento della spesa sempre piu' incisive tale valore non sta piu' aumentando e dall'anno prossimo ci si aspetta anche un assorbimento del valore accumulato nel passato. Tale assorbimento potra' avere piena efficacia se: viene rivisto l'accordo del 2014 tra Ministro dell'economia e Presidente della regione, per escludere dal patto alcune voci di spesa, che non dovrebbero essere considerate; vengono concessi ulteriori spazi di patto (una tantum), per assorbire il pregresso che, tenuto conto delle esclusioni di cui al punto precedente, potrebbe essere quantificato in circa 500 milioni. Rileva anche la situazione di liquidita' della regione, anche per non mettere a rischio la spesa comunitaria del programma 2007-2013. La regione da un lato vanta circa 1,3 miliardi di euro di crediti verso lo Stato (maturati nel corso degli ultimi 10/15 anni), dall'altro vede bloccati dallo Stato stesso importanti flussi finanziari a titolo di recentissimi debiti vantati verso la Regione siciliana. Nelle pagine seguenti vengono analizzate nel dettaglio le tre tipologie di richieste che la regione avanza nei confronti del Governo nazionale: 1) rivedere i rapporti finanziari tra Stato e regione Sicilia, in linea con quanto gia' fatto dalle altre RSS, per aumentare le entrate riportando in equilibrio i conti; 2) rivedere l'accordo del 2014 tra MEF e regione, riconsiderando alcune voci che dovrebbero essere escluse dal patto di stabilita'. Concedere una tantum spazi di patto per assorbire completamente i ritardi nei pagamenti; 3) risolvere il problema della liquidita', chiedendo all'Agenzia delle entrate di riattivare i flussi finanziari legati ai tributi devoluti e pagando i propri debiti verso la regione. Questo aiuterebbe in maniera significativa la regione ad evitare il disimpegno di fondi comunitari; 4) si evidenzia, in proposito, l'elaborazione contenuta nel prospetto - allegato 11 della gia' richiamata delibera n. 286. Il raffronto operato con i livelli di entrate, spesa e concorso alla finanza pubblica registrati dalle altre regioni a statuto ordinario e speciale fa emergere una posizione deteriore della Regione siciliana ove peraltro si considerino le maggiori funzioni trasferite. Sembra, pertanto, a questa difesa di aver fornito «prova circa l'irreparabile pregiudizio lamentato, com'e' ... richiesto dalla costante giurisprudenza della Corte in tema di onere probatorio gravante sul deducente (ex plurimis, sentenze nn. 239 del 2015, 26 e 23 del 2014)». Peraltro, con la citata recente sentenza n. 239 del 2015 codesta Corte ha precisato che «Nell'ambito dei rapporti finanziari tra Stato e regioni, sono legittime le riduzioni delle risorse, purche' non siano tali da comportare uno squilibrio incompatibile con le complessive esigenze di spesa e, in definitiva, non rendano insufficienti i mezzi finanziari dei quali la regione dispone per l'adempimento dei propri compiti (sentenze n. 188 e n. 89 del 2015, n. 26 e n. 23 del 2014, n. 121 e n. 97 del 2013, n. 246 e n. 241 del 2012, n. 298 del 2009, n. 145 del 2008, n. 256 del 2007 e n. 431 del 2004)». Codesta Corte ha altresi' evidenziato che e' «richiesta, in proposito, una dimostrazione di tale squilibrio che, pur non costituendo una probatio diabolica, sia supportata da dati quantitativi concreti al fine di consentire di apprezzare l'incidenza negativa delle riduzioni di provvista finanziaria sull'esercizio delle proprie funzioni». Dai dati, riepilogati discorsivamente nel presente ricorso e tecnicamente esplicitati nella delibera di giunta n. 286 del 20 novembre 2015 e nelle accluse tabelle allegate, emerge palese lo squilibro, supportato da dati quantitativi concreti che consente di apprezzare l'incidenza negativa delle riduzioni di provvista finanziaria sull'esercizio delle funzioni di questa regione. Dall'esposizione dei detti dati risultano violati i principi di ragionevolezza e di buon andamento della pubblica amministrazione, quali sanciti dall'art. 97 della Costituzione, articolo quest'ultimo che, oltre che nel comma 2 , risulta violato anche con riferimento al comma 1 per l'aspetto della garanzia degli equilibri di bilancio. Si denunciano tali vizi, che pur non afferiscono al riparto delle competenze tra Stato e regione, in quanto ridondano nella lesione delle competenze regionali quali previste dalla statuto. Si consideri infatti che l'art. 20, attribuisce alla regione la piena potesta' amministrativa nelle stesse materie in cui ad essa spetta la potesta' legislativa, esclusiva e concorrente, ai sensi degli articoli 14 e 17 (principio del parallelismo) e che gli interventi che le norme che s'impugnano impediscono alla regione di portate avanti afferiscono tutti a materie elencate dai suddetti articoli, alle lettere come sopra riportate. Contestualmente si evidenzia che, per gli effetti che la loro applicazione determina, le stesse disposizioni si prestano anche a rilievi di incostituzionalita' individuati nella lesione dei principi di certezza delle entrate, di affidamento e di corrispondenza tra risorse e funzioni pubbliche, all'esercizio delle quali le prime sono preordinate, quali sanciti, dagli articoli 81, comma sesto, 97, comma primo e 119, commi primo e sesto della Costituzione, articolo quest'ultimo invocabile anch'esso dalla regione in virtu' della clausola di maggior favore recata dall' art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001. Violazione del principio di leale collaborazione e dell'art. 43 dello statuto. Il decreto ministeriale in discorso dispone senza che sia stato assicurato il rispetto delle procedure previste dall'art. 27 della legge n. 42/2009, tendenti a garantire modalita' applicative dei meccanismi di concorso alla finanza pubblica che siano rispettose delle peculiarita' di questa regione a statuto speciale. Ne', peraltro e' stato raggiunto un qualunque accordo in sede di Conferenza Stato regione. Ora fermo restando che nemmeno un tale accordo potrebbe validamente sostituire la procedura pattizia (ex art. 43 statuto) con la Regione siciliana la sua assenza e' comunque ulteriore indice del mancato rispetto da parte dello Stato del principio di leale collaborazione cui dovrebbero sempre improntarsi i rapporti tra i livelli di Governo che compongono la Repubblica, principio che avrebbe imposto un piu' fattivo perseguimento di una determinazione condivisa. La violazione del vincolo che impone l'adozione delle procedure «pattizie» di attuazione statutaria, e' infatti alla base della sentenza (n. 178 del 2012) con la quale codesta ecc.ma Corte ha dichiarato la illegittimita' costituzionale di una norma del decreto legislativo n. 118/2011, recante disposizioni sull'armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio di regioni ed enti locali (adottato in base alla legge delega n. 42).